L’INCANTO DELLE VESTI DEL SECOLO DEI LUMI
L’abito fa il monaco?
A questa domanda ancora non sappiamo rispondere, ma di certo sappiamo che l’abito fa la storia. Ogni epoca ha i suoi grandi eroi, e nel nostro immaginario sono tutti identificati proprio dalla loro “mise”: Giulio Cesare con la toga, Alessandro Magno con corazza e schinieri, la regina Elisabetta I con inamidatissime e voluminosissime gorgiere… Per poi giungere ai fasti di Versailles, dove Maria Antonietta e Madame de Pompadour e tutto il loro seguito dettavano le nuove regole della moda: il 1700 vede un rinnovamento profondo della moda dettato da un nuovo spirito, più frivolo e mondano, che coinvolge anche il modo di vestire sia maschile che femminile. Da una parte gli indumenti si semplificano, diventano più sobri e meno appariscenti, ma al tempo stesso si afferma una altro concetto di eleganza basato sui dettagli, le tinte tenui e i tocchi esotici. Nasce il rococo, proprio nel momento in cui le nostre ville venete diventano luoghi per le feste e il divertimento.
Vediamo allora di capire cosa succede nel guardaroba di dame e gentiluomini dell’epoca di Voltaire e di Newton, quando la ragione governa tutti, ma proprio tutti i dettagli della vita di ogni giorno, ma dall’altro lato il fine ultimo dell’aristocrazia veneta era proprio di stupire.
Strumento di seduzione o strumento di tortura?
Il busto rappresentava la chiave di volta dell’abbigliamento femminile. Il più grande desiderio di tutte le dame era avere un vitino di vespa, ossia una circonferenza tale, da contrastare l’ampiezza delle loro gonne. Si diceva, infatti, che una bella donna dovesse avere una vita che un uomo potesse circondare con due mani. A differenza di oggi, che viene utilizzato soprattutto come strumento di seduzione, il bustino non veniva indossato a pelle ma sopra la camicia di pulizia e il suo uso era strettamente correlato alla credenza che l’essere umano una volta nato, necessitasse di un tutore fisico per mantenerlo in forma. Il busto non modificava solo la dimensione della gabbia toracica e del punto vita, ma anche la posizione delle spalle schiacciandole verso il basso e mantenendo la braccia contratte all’indietro, in una posa che a noi può sembrare una tortura innaturale, ma che fu un imprescindibile diktat estetico fino ai primi del Novecento. Era fatto in tessuto, reso rigido dalle stecche di balena che il bustaio bagnava per renderle morbide ed elastiche per essere in grado di fissarle stabilmente. La moda imponeva vi fosse un capo adatto ad ogni occasione: da casa, da giardino, da visita, da carrozza, da passeggiata, da viaggio si può quindi immaginare la quantità di busti che doveva comprendere un guardaroba di una dama elegante. Allacciare un busto, tra le altre cose, poteva risultare un’operazione davvero laboriosa e faticosa per questo, richiedeva forzatamente l’aiuto di un’altra persona. In quell’epoca era impensabile che chiunque, eccetto il marito o i clienti per una cortigiana, potessero vedere una dama abbigliata con il solo bustino: era un oggetto di grande intimità fisica.
Il “Panier”, strumento di tortura o accessorio indispensabile per ogni dama?
Letteralmente dal francese si traduce in “cestino” o “canestro”. Ma che legami esistono tra questo termine e la moda? Nel secolo XVIII all’interno delle corti europee furoreggiava tra le dame la “moda del panier”: si trattava di uno strano oggetto che rendeva le gonne degli abiti tese davanti e dietro e talmente larghe sui fianchi da poterci comodamente appoggiare anche i gomiti. Era fatto in un tessuto reso rigido dalle stecche, a volte, reso ancor più duro dalla cera o da crini di cavallo. L’obiettivo, come nel busto, era quello di modificare il corpo in base allo stile del momento e fare da base e da sostegno al peso delle vesti. E’ ovvio che l’uso del panier costringeva le “povere” dame a una vita quotidiana non troppo comoda: per salire in carrozza erano costrette a compiere vere e proprie acrobazie e per entrare e uscire da una stanza dovevano per forza passare di lato attraverso le porte per evitare di restare incastrate tra gli stipiti.
Per rispondere all’esigenza di una figura femminile, aggraziata, leggiadra e vivace, nel ‘700 inizia a essere in voga un abito di origine francese utilizzato per quasi tutto il secolo da tutte le dame delle corti europee chiamato Andrienne. In Italia si diffonde soprattutto a Venezia come viene testimoniato anche nelle commedie di Goldoni. Si trattava di una lunga veste da camera femminile, introdotta nella moda nel 1704 dall’attrice Therèse Dancourt che lo indossò durante la recita dell’Andrienne. Si trattava di un lungo mantello di tessuto raccolto sul retro da molte pieghe libere fissate sulle spalle che aderiva al busto chiudendosi davanti con una ricca pettorina e aperto sulla parte inferiore per mostrare l’ampia sottogonna. La pettorina, era un elemento intercambiabile dell’abito, spesso decorata con rouches, nastri o gioielli preziosi ed era fissata al busto con degli spilli. Lo scollo dell’abito era rigorosamente quadrato e il collo delle dame veniva impreziosito da collane di perle o importanti gioielli, oppure da del nastro arricciato in tinta con l’abito, chiamato collaretta.
L’eleganza del gentiluomo parte dalle piccole cose
Se volete torturare una donna portatele una pila di camice da stirare! Le camicie maschili poi, sono sempre le più ostiche e complicate.. Anche se l’importanza della camicia crebbe nell’abbigliamento maschile nel periodo barocco, la sua origine è molto più antica. Nel ‘700 aveva un taglio geometrico, era ricca di tessuto arricciato sul collo e sui polsi che era trattenuto da alcuni nastri e veniva chiamata “camicia di pulizia” solitamente, bianca e di lino per i ricchi signori o di cotone per i meno abbienti. Sul petto aveva un’ ampia apertura, per essere indossata più facilmente e veniva poi ricoperta dallo “jabot” trattenuto sul collo dalla cravatta; entrambi gli accessori erano amovibili e personalizzabili in base all’esigenza estetica, come del resto, i pizzi dei polsi detti manichetti. Vi immaginate quanto tarderebbe alla mattina un uomo per vestirsi se questa moda si fosse conservata? Sicuramente, non potrebbe più muovere critiche a noi donne che siamo note per spendere parecchio tempo nella vestizione!
Dalla seconda metà del XVII secolo si era diffuso in Europa il fenomeno dell’esotismo grazie al successo delle importazioni di tele orientali stampate o dipinte, che avevano coinvolto le mode vestimentarie e l’arredamento di palazzo. In questo periodo, i ceti più abbienti avevano conosciuto e apprezzato la comodità del déshabillé attraverso sciolte vesti esotiche usate come vesti da camera. Nel ‘700 la veste da camera maschile era il Banyan di carattere esotico e confezionata con ricchi tessuti indiani o cinesi: si trattava di un’ ampia sopraveste di taglio orientale a cui si aggiungevano i tagli geometrici delle vesti con le maniche a kimono. Indumento domestico ma raffinato, il Banyan veniva utilizzato per ricevere gli amici o per le passeggiate mattutine oppure veniva addirittura scelto come “mise” per ritratti informali e realisti.
Ricci e capricci
Ma quanto tempo passano le donne per pettinarsi? Di qualsiasi tipologia siano i loro capelli, lisci o ricci, corti o lunghi le donne trascorrono ore ad acconciarsi con spazzole, piastre, phon o bigodini. Quanto tempo impiegavano le dame del 700 per fare altrettanto? Le acconciature almeno agli inizi del secolo dei Lumi, al di là di quel che si crede, erano molto piccole, spesso caratterizzate solo da ricci raccolti sulla nuca e fermati con dei nastri o con delle cuffie in pizzo. Solo in un secondo tempo iniziarono ad essere elaborate e artificiali. Ciò che non poteva essere raggiunto con i capelli naturali era aumentato, infatti, con delle parrucche. Quest’epoca fu un’esplosione di acconciature stravaganti, una reazione totalmente opposta al pudore e la modestia dei secoli precedenti.
L’uso delle parrucche da parte degli uomini cominciò ad essere molto popolare nel tardo Seicento, durante il regno del Re Sole. Tutta la sua corte cominciò a indossare parrucche, e visto che, la Francia dettava la moda Europea di quell’epoca, il loro uso si diffuse in molte corti del vecchio continente. I gentiluomini indossavano la parrucca e fermavano i capelli con un nastro formando una coda, quest’ultimo veniva portato in avanti e con esso si richiudeva la camicia: in tal modo la coda restava fissa e l’uomo acquistava un nuovo decoro sulla camicia. A volte, la coda veniva raccolta in un sacchetto di tessuto in raso di seta o di velluto di colore nero, chiamato rospo, atto a far sì che la parrucca incipriata non sporcasse le spalle della marsina.
Borse che passione!!!
Noi donne, si sa, nutriamo un amore incondizionato nei confronti delle borse. La borsa, per una donna, rappresenta un alter-ego, un’amica, un pronto soccorso, una protagonista della sua identità perché ne rispecchia il suo stile e lo definisce. Già nel 700 un accessorio molto importante della dama di corte era rappresentato dalla borsa che però doveva essere di piccole dimensioni, arricciata e realizzata a mano con decorazioni di piccole perle: gli abiti erano talmente larghi che rendevano la borsa vera e propria troppo impegnativa. Ma nel Settecento era compito del cicisbeo di porgere alla dama da lui servita ciò di cui aveva bisogno, e allora, che cosa contenevano quelle borse? I piccoli modelli da sera spesso custodivano il carnet di ballo o altri minuscoli oggetti poi, verso le fine del secolo, con il diffondersi dei viaggi, della villeggiatura e delle passeggiate all’aperto, fu necessario riscoprire la comodità della borsa dove si potevano infilare il portamonete, i sali, lo specchietto, il taccuino o la tabacchiera.
Attaccar bottone
Nel 1715 muore il Re Sole e con lui tramonta il barocco nella moda maschile che subisce una profonda rivoluzione: da un lato gli abiti diventano più sobri, meno ricercati e si semplificano, dall’altro però inizia ad affermasi un altro concetto di eleganza basato sui dettagli, le tinte tenui e i tocchi esotici. Si definiscono i pezzi dell’abbigliamento maschile che, pur con mille evoluzioni, sono giunte fino ai giorni nostri ossia la camicia, le braghesse, il sottomarsina e la marsina. La marsina era la giacca del gentiluomo che veniva portata molto lunga e rigorosamente aperta per mostrare il panciotto o sottomarsina (fatto dello stesso tessuto della marsina). La giacca era caratterizzata da lunghe file di bottoni con asole decorate, ampi paramaniche e spacchi laterali che permettevano al gentiluomo di indossare la spada che rappresentava un accessorio indispensabile per essere ricevuto a corte. Le braghesse o pantaloni erano corte al ginocchio, fissate con fibbie o bottoni e, per tutta la prima parte del secolo, erano le calze a coprire il ginocchio, mentre, dalla metà del secolo, queste ultime venivano indossate comodamente sotto le braghesse che si aprivano sul davanti con una normale apertura a bottoni uguale a quella odierna. Anche la figura maschile risentiva dei canoni dettati dalla moda e per questo motivo,l’uomo, per essere alla moda, doveva avere una forma piramidale, che dalle spalle strette si allargava progressivamente verso ventre e fianchi. I bottoni attaccati agli abiti maschili era ciò che più attirava l’attenzione, potevano essere di stoffa o dipinti, di madreperla o di osso, in fine porcellana o di pietre preziose. Erano così importanti che i nobili, mentre si intrattenevano in lunghe conversazioni con un pari grado, usavano toccarli per guardarli meglio, questa insolita abitudine, soprattutto se le conversazioni erano piuttosto lunghe, si concludeva con uno o più bottoni rimasti tra le mani del proprio interlocutore da qui la celebre espressione “attaccare bottone”.
L’antenato dell’ombrello.
Sul capo il nobiluomo indossava un cappello meglio noto come tricorno, copricapo maschile tipico del Settecento che alla fine dello stesso secolo, iniziò ad essere indossato anche se in forme più modeste, dalle dame. La sua fabbricazione di questo cappello era lunghissima e laboriosa e si utilizzavano feltro e pelo di castoro o di lepre (per le classi più abbienti o semplicemente feltro per le classi più povere. Era molto pratico quando pioveva perché le parti ritorte della tesa fungevano da “grondaia” indirizzando l’acqua piovana lontano dal viso.La cosa curiosa è che, molto spesso, il tricorno non veniva indossato in testa, ma sotto l’ascella, per non sciupare la parrucca.